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LA GUERRA FREDDA - Prima parte
La Cortina di ferro

 

Le origini della Guerra fredda

Poco dopo la Conferenza di Potsdam tenutasi dal 17 luglio al 2 agosto 1945 cominciano i dissidi fra le due superpotenze Usa e URSS. Nel corso dell'incontro fra i leader delle potenze vincitrici della Seconda guerra mondiale (Stati Uniti, Regno Unito e Unione Sovietica) furono stabiliti i confini tra Polonia e Germania sulla linea Oder-Neisse, e fu deciso che tutta la popolazione tedesca presente nel territorio divenuto polacco, cecoslovacco e ungherese dovesse essere espulsa e assorbita in Germania. La Germania fu suddivisa in quattro zone di occupazione, amministrate dalle tre potenze vincitrici a cui si sarebbe aggiunta la Francia. Non vi fu, invece, accordo sull'ammontare dei risarcimenti: mentre le potenze occidentali perseguivano una linea più morbida, Stalin insistette per risarcimenti molto elevati. Per questo motivo fu deciso che all'interno della propria zona di occupazione ogni potenza avrebbe gestito entità e tipologia di risarcimento in modo autonomo.

Conferenza di Potsdam

 

I primi problemi nella divisione post-bellica della Germania riguardavano quindi le riparazioni di guerra elevate ed il saccheggio dei territori orientali, operato dall’esercito sovietico, con conseguente  impoverimento dei territori occupati.

La Polonia venne sovietizzata e non sottoposta a libere elezioni come si era auspicato, inoltre non venne effettuato il ritiro delle truppe sovietiche dall’Azerbaigian, come inizialmente concordato.

In supporto all’Inghilterra gli Stati Uniti intervennero nelle crisi in Grecia e Turchia, per timore di un intervento sovietico in aree di influenza occidentale come stabilito negli accordi tra le Potenze.

Con il discorso presidenziale, del 12 marzo 1947 al congresso americano, venne definita la “Dottrina Truman”, che affermava l’intervento da parte degli Stati Uniti a difesa dei popoli che avrebbero cercato di opporsi ai tentativi di asservimento da parte di minoranze armate o di pressioni esterne, con una netta distinzione tra due sistemi di vita alternativi: uno basato sulla volontà della maggioranza e sulle libertà, il secondo sulla volontà di una minoranza e sulla soppressione delle libertà.

Inoltre era molto diffuso, negli Stati Uniti, il timore che il collasso economico con conseguente caos politico, che sembrava imminente in Francia e in Italia, avrebbe portato alla rivoluzione comunista.

Anche il “Piano Marshall”, discorso del 5 giugno 1947 del Segretario di Stato G. Marshall, contribuì ad alimentare le tensioni fra le due superpotenze; i prestiti finanziari avevano l’obbiettivo di stimolare la ripresa economica e ridurre le possibilità di presa di potere comunista attraverso l’aumento delle esportazioni e la cooperazione tra gli USA e gli stati europei.

Nel piano venne inclusa anche la Germania (anche se la Francia era contraria ad una rinascita tedesca) oltre che ai paesi sottoposti a regimi comunisti,

L’inclusione nel programma di aiuti esigeva che i beneficiari fornissero informazioni sulle loro economie agli Stati Uniti, così che il ministro degli esteri russo Molotov, inizialmente interessato al programma, accusò il piano, come un astuto tentativo di risollevare il capitalismo americano assoggettando economicamente l’Europa, e vedeva una minaccia alla egemonia sovietica nell’Europa orientale, visto che Polonia, Cecoslovacchia e Ungheria avevano espresso l’intenzione di partecipare alla conferenza che si sarebbe tenuta a Parigi.

I sovietici organizzarono, di contro, una conferenza antagonista nel corso della quale venne creato l’Ufficio informazione dei partiti comunisti europei (Cominform) con URSS, Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Yugoslavia e i partiti comunisti di Francia e Italia, che si dichiararono uniti nella battaglia contro l’imperialismo americano.

Il “piano Marshall” prevedeva uno stanziamento di 17 miliardi di dollari che la maggioranza repubblicana era restia ad approvare, ma il colpo di stato comunista in Cecoslovacchia nel febbraio 1948, fece cambiare immediatamente l’orientamento.

Uno dei maggiori costi della sua applicazione fu la divisione e il successivo consolidamento dell’Europa in due campi rivali e ostili.

L’alleanza del periodo bellico tra USA e URSS, motivata dal comune desiderio di sconfiggere la Germania nazista, lasciò quindi il posto ad una accesa rivalità non appena questo obiettivo venne raggiunto.

 

 

L’Europa in una situazione di stallo

Il blocco di Berlino:

Il piano Marshall aveva fra le sue intenzioni quelle di imprimere un notevole sviluppo alle economie delle tre zone occidentali della Germania (francese, inglese e americana), i sovietici accusarono quindi gli Stati Uniti di voler preparare la costituzione di uno stato politico separato nella Germania Occidentale. I sovietici si videro esclusi dalle decisioni sul futuro della Germania, inglesi e americani discussero fra loro l’inclusione della zona francese e la definizione di una nuova costituzione per consentire alla Germania una certa misura di autogoverno, inoltre le tre potenze annunciarono l’intenzione di sostituire la deprezzatissima moneta tedesca (reichmark) con il “marco tedesco”. Come ritorsione per non essere stati coinvolti i sovietici si ritirarono formalmente dal Consiglio alleato di controllo nel marzo 1948, in quanto privati della “base legale” che garantiva loro di partecipare all’amministrazione di Berlino. Il 24 giugno le autorità sovietiche imposero un blocco formale di Berlino chiudendo tutte le vie di accesso stradali, ferroviarie e fluviali alla città. Ben presto , gli abitanti dei settori occidentali furono tagliati fuori da ogni rifornimento esterno di combustibile, energia e generi alimentari.

Il Blocco di Berlino

 

Berlino era piazzata proprio al centro della zona orientale ed il suo isolamento geografico rappresentava un grande elemento di debolezza per l’occidente. Schiacciata numericamente e circondata dall’Armata rossa, la piccola guarnigione di 7500 uomini era situata in una posizione militare indifendibile. Le autorità sovietiche erano in grado di chiudere le vie di accesso di superficie in qualsiasi momento, e Berlino ovest divenne pertanto un ostaggio dei capricci e dei disegni sovietici e fu spesso il teatro principale della guerra fredda in Europa.

Il blocco venne interpretato come una calcolata aggressione da parte di Stalin per imporre il ritiro occidentale da Berlino, ma più che confrontarsi con un attacco militare sovietico diretto, le potenze occidentali dovevano misurarsi con una sfida di natura politica. Evacuare la guarnigione avrebbe significato porre due milioni di abitanti sotto il dominio sovietico ed avrebbe distrutto il prestigio americano non solo in Germania ma in tutta l’Europa, inoltre c’era il sospetto che Stalin non volesse la guerra, ma solo un trionfo a livello di immagine da contrapporre alle difficoltà legate all’ascesa della personalità fortemente indipendente di Josip Broz (Tito), in Jugoslavia e al recente fallimento degli scioperi generali organizzati dai comunisti in Francia ed in Italia. Il generale Clay, comandante delle truppe in Germania e il presidente Truman furono d’accordo nel non ritirarsi. Il confronto militare venne evitato attuando un ponte aereo per i rifornimenti della città e dei suoi abitanti. Migliaia di tonnellate di generi alimentari e di carbone vennero trasportati ogni giorno via aria attraverso angusti corridoi aerei nella città assediata. I sovietici furono posti di fronte alla difficile scelta di impiegare o meno la forza per fermare il ponte aereo, nella consapevolezza che sparando il primo colpo, si sarebbero assunti la responsabilità di dare inizio alle ostilità.

Ponte aereo di Berlino

 

Anche se evitarono accuratamente di interferire col ponte aereo, le autorità sovietiche apparvero agli occhi dell’opinione pubblica mondiale come impegnate nel tentativo di voler piegare milioni di uomini, con l’arma della fame; per contro i piloti occidentali apparvero come eroi e salvatori.

Il 12 maggio 1949 Stalin riconobbe la propria sconfitta e riaprì tutte le vie di accesso alla città e l’Occidente proclamò la sua vittoria nel primo importante confronto fra superpotenze in Europa e accentuò la stretta affinità di interessi tra Europa Occidentale e Stati Uniti. Inoltre rafforzò fortemente l’anticomunismo nella Germania Ovest. Pur continuando la loro occupazione militare, Stati Uniti, Francia e Inghilterra, concessero l’indipendenza politica alle tre zone occidentali con la proclamazione della Repubblica Federale tedesca nel settembre 1949, provvisoriamente la capitale venne stabilita a Bonn. In ottobre Stalin rispose creando la Repubblica democratica tedesca. La fine del sistema a zone aveva portato non alla riunificazione, ma alla divisione della Germania in due paesi separati con sistemi politici ed economici opposti e militarmente allineati l’uno contro l’altro.

Congresso NATO

 

 

La creazione della NATO:

I timori di una aggressione comunista crebbero negli Stati occidentali dopo il colpo di stato comunista in Cecoslovacchia, così nel marzo 1948 Gran Bretagna, Francia, Olanda, Belgio e Lussemburgo firmarono il patto di Bruxelles che prevedeva la reciproca assistenza in caso di guerra. Tutti erano consapevoli che senza l’aviazione e le armi atomiche americane non ci poteva essere alcuna reale sicurezza contro una aggressione comunista.

Un ampio dibattito era aperto nel congresso degli Stati Uniti, che vedeva le naturali affinità e i comuni interessi strategici fra i due continenti. Gli USA ritenevano che l’aiuto economico non bastasse e che ci fosse bisogno anche dell’assistenza militare per consentire alle libere nazioni d’Europa di rinascere sul piano economico e politico, altrimenti avrebbero finito col soccombere una ad una ai processi erosivi e invasivi dell’espansione sovietica.

Gli Stati europei si impegnarono nel tentativo di definire l’esatta natura dell’impegno americano all’interno di un trattato vincolante e non semplicemente di una libera associazione di stati.

Il 4 aprile 1949 il Trattato Nordatlantico fu firmato a Washington dagli Stati Uniti, dai cinque paesi del Patto di Bruxelles (Gran Bretagna, Francia, Olanda, Belgio e Lussemburgo) a cui si aggiunsero: Canada, Danimarca, Islanda, Italia, Portogallo e Norvegia. Vennero stabiliti i criteri delle riunioni del Consiglio nordatlantico e per l’istituzione di un’organizzazione permanente che sarà conosciuta con la sigla Nato (North Atlantic Treaty Organization).

All’art. 5 era previsto l’intervento anche con la forza delle armi da parte degli Stati Uniti in caso di attacco armato nei confronti degli Stati aderenti al trattato, sottoposto in ogni caso all’approvazione del Congresso americano.

Gli americani concepivano il patto principalmente come una sferzata d’energia psicologica a un’Europa occidentale terrorizzata e depressa economicamente. Il rischio di un attacco sovietico era abbastanza remoto, grazie al deterrente rappresentato dalla bomba atomica in possesso delle forze armate USA.

Ma la situazione mutò presto, l’Unione Sovietica già nel 1949 condusse con successo i primi test atomici facendo tramontare , velocemente,il monopolio americano che si presumeva potesse durare per i successivi vent’anni.

Nel frattempo la Cina venne conquistata dall’esercito popolare di liberazione comunista, e nel giugno 1950 scoppiò la guerra di Corea che apparve come innegabile e pura aggressione comunista.

Dopo la stesura del rapporto conosciuto come NSC-68, nel quale si evidenziava l’inadeguatezza della potenza militare americana ad impedire il disegno di dominio mondiale comunista, il congresso americano approvò grossi stanziamenti alla difesa trascurata per l’illusione della superiorità atomica.

Lo stesso impegno economico non poteva essere richiesto agli Stati europei in quanto avrebbe messo a rischio la ripresa economica, inoltre avrebbe allarmato i sovietici che potevano essere spinti ad una invasione preventiva. Gli Usa assunsero così il comando militare centrale delle forze di terra della Nato, a Parigi venne creata una struttura di comando unificata composta da forze rappresentanti tutti gli stati membri.

Il riarmo

Dietro a quella che veniva chiamata in occidente “la cortina di ferro” un impero sovietico composto da stati satelliti, subordinati al controllo sovietico in campo politico, economico e militare, si estendeva dal Baltico ai Balcani.

Qualsiasi tendenza al dissenso politico era soffocata sul nascere in modo da evitare defezioni come quella jugoslava del 1948. Vennero imposti controlli economici con la creazione del Comecon (Consiglio di mutua assistenza economica,1949) come alternativa al piano Marshall. Anche le strutture militari venivano sottoposte al controllo di Mosca che stabiliva l’addestramento, la distribuzione delle risorse e la pianificazione militare.

Negli stati Uniti, il desiderio di liberare l’Europa dell’est dalla tirannia comunista divenne tema di primo piano della campagna elettorale presidenziale che vide l’elezione di Eisenhower nel 1952.

L’obiettivo dell’aggiramento della cortina di ferro sarebbe stato raggiunto non con la forza delle armi ma con l’esercizio costante dell’esempio della superiorità morale e spirituale del “mondo libero” sotto la guida degli Stati Uniti. La priorità della nuova amministrazione rimase quella di una sana economia nazionale e di un bilancio di pareggio, così che il massiccio riarmo attuato da Truman venne abbandonato, riducendo le forze convenzionali, e spostando l’accento sull’importanza strategica delle forze aeree. L’intento era la riduzione venisse compensata dall’aumento da parte degli alleati all’interno della Nato, ma questo poteva rendersi possibile attraverso l’inclusione di un esercito tedesco.

I timori francesi di una rinascita della Germania erano forti , ma un avvicinamento si ebbe nel 1951 con l’ingresso della Repubblica Federale tedesca nella Ceca (Comunità europea del carbone e dell’acciaio).

La piena adesione della Germania alla Nato si ebbe nel 1955, ed essa , in cambio del riconoscimento della sua sovranità nazionale indipendente, acconsentì a limitare la consistenza del suo esercito e si impegnò a non costruire armi nucleari , missili a lunga gittata o bombardieri.

Gli stati europei, alle prese con la ricostruzione e con le speranze di crescita economica poterono dedicare sempre inferiori risorse alla difesa ed anche con il riarmo tedesco erano inadeguate a difendere l’Europa da un attacco sovietico, al massimo potevano rallentarne l’avanzata in attesa di un intervento americano, che non era garantito a priori. Nel 1954 venne deciso quindi di compensare l’inferiorità numerica delle forze convenzionali con lo spiegamento di armi nucleari tattiche sotto il comando americano.

Se la minaccia dell’olocausto nucleare scoraggiò un’invasione sovietica dell’Europa occidentale, essa impedì anche concretamente agli Stati Uniti di “avvolgere” la cortina di ferro e di intervenire nelle “crisi” dell’Europa orientale che veniva riconosciuta sotto la sfera di influenza sovietica. Dopo i disordini in Germania orientale nel 1953 e in Polonia, nel 1956 anche in Ungheria una rivolta di vasta portata venne brutalmente repressa dai carri armati sovietici, ma un intervento militare americano avrebbe significato l’annientamento dell’Ungheria.

 

Il declino della guerra fredda in Europa

La morte di Stalin nel 1953 offrì la possibilità di allentare le tensioni, il nuovo leader Malenkov sottolineò “Noi non siamo arrabbiati con nessuno” . Churchill suggerì un immediato incontro “al vertice” ma il segretario di stato americano Dulles era molto sospettoso così, la possibilità di distensione andò perdita.

La firma del trattato di pace austriaco nel 1955 suscitò nuovamente speranze di “disgelo” e indusse il presidente Eisenhower a proporre un incontro al vertice con l’Unione Sovietica.

Per la prima volta dopo Potsdam (1945) i leader delle grandi potenze si incontrarono a Ginevra nel luglio 1955. All’ordine del giorno c’erano tanti argomenti che andavano dalla Germania al disarmo, ma le discussioni furono inconcludenti, anche se vi fu un certo ottimismo sulla possibilità di conciliazione e cooperazione. Questo ottimismo però venne messo a dura prova dalla brutale repressione sovietica in Ungheria nel 1956.

Conferenza di Ginevra

 

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