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LE CONSEGUENZE DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE

Il primo conflitto mondiale si era quindi concluso alla fine del 1918 con la sconfitta degli imperi centrali. Determinante per l’esito fu l’intervento degli Stati Uniti a fianco delle potenze dell’Intesa dopo che nel corso del 1917 la Russia era uscita dalle ostilità travolta dalla rivoluzione interna.

Rivoltosi dell'Armata Rossa durante la rivoluzione

 

Le conseguenze del conflitto in tutti i paesi coinvolti furono devastanti. Una povertà diffusa in tutti gli strati sociali, una scarsità di materie prime a disposizione delle industrie che, tra l’altro erano state dedicate al sostegno della produzione militare e quindi dovevano essere riconvertite, un forte indebitamento nei confronti dei paesi che erano rimasti neutrali, in principal modo nei confronti degli Stati Uniti, un enorme sacrificio in termini di vite umane: i morti in combattimento furono più di 8 milioni. A questi si aggiunsero circa sei milioni di morti causati dalla “spagnola”, un’epidemia influenzale che si diffuse fra il 1918 ed il 1919 favorita dal razionamento dei generi alimentari di prima necessità, dalle privazioni e dal peggioramento delle condizioni igieniche.

Inoltre per tenere alto il morale delle truppe si era spesso promesso ai soldati che , finita la guerra, si sarebbe proceduto ad una energica azione di riforma in favore delle classi popolari, ma queste promesse, difficili da mantenere nella situazione post-bellica e comunque fatte per pura demagogia, avevano creato aspettative atte ad inasprire i conflitti sociali, tanto più che il trauma della guerra aveva destato a coscienza politica anche le masse popolari, che per le loro condizioni economiche, erano fino ad allora rimaste ai margini della vita pubblica.

A queste condizioni comuni a tutti gli stati, in quelli sconfitti, si aggiungevano le gravi sanzioni imposte dalle convenzioni di pace e pesanti perdite territoriali.

Dal punto di vista politico si assiste alla dissoluzione dei grandi imperi europei:

In Germania, dopo la sconfitta militare si assiste ad un forte movimento popolare di protesta che accelera la caduta del regime autoritario di Guglielmo II, il quale, in seguito a numerosi scioperi ed ammutinamenti, abdica e fugge in Olanda. Nasce la repubblica di Weimar, che deve raccogliere la pesante eredità delle riparazioni di guerra e delle contrapposizioni interne , come la sollevazione rivoluzionaria degli spartachisti di Rosa Luxenburg e Karl Liebknecht, che fu repressa nel sangue.

La rivolta spartachista in Germania nel 1919

 

In Austria-Ungheria, l’imperatore Carlo I, successore, nel 1916, di Francesco Giuseppe, assiste impotente allo smembramento dell’impero asburgico. Nascono la repubblica ceca e ungherese, mentre ai propri confini le popolazioni slave si uniscono nella neonata Jugoslavia.

In Russia al conflitto mondiale si sostituisce la guerra civile tra bolscevichi e controrivoluzionari. La pace di Brest-Litovsk (con la Germania) le aveva strappato enormi territori sui quali erano sorte le repubbliche di Estonia, Lettonia, Lituania e Finlandia oltre alla Polonia.

In Turchia, il trattato di Sevres dispone la suddivisione dell’impero Ottomano, le cui regioni non europee sono affidate in amministrazione mandataria a Francia e Inghilterra. Il 23 Maggio 1920 Mustafà Kemal promuoverà la sollevazione nazionale che darà alla luce la moderna Turchia, laica e repubblicana.

Ma anche le nazioni vincitrici sono alle prese al loro interno con problemi oltre che economici anche politici:

La Francia è la nazione ad aver avuto le perdite più gravi in vite umane , circa 1.700.000 soldati, ed il suo territorio è stato devastato dalla guerra, il cosiddetto “fronte occidentale” si era combattuto interamente sui suoi territori.

Vignetta rappresentante la "vittoria mutilata"

 

In Italia la crisi economica, finanziaria e sociale è molto seria ed alcuni gruppi politici contestano le basi stesse della monarchia. Inoltre, come vedremo in seguito, forte fu il risentimento per non aver ottenuto tutto quanto stabilito nel patto di Londra tanto che si parlò di “vittoria mutilata”. Gli italiani ebbero l’impressine che tutti gli sforzi compiuti durante la guerra furono misconosciuti ed il sentimento nazionale si esasperò sempre più. Sarà questo sentimento una delle basi del fascismo.

I primi fasci di combattimento con al centro Benito Mussolini

 

Anche in Inghilterra le difficoltà economiche e sociali vanno accentuandosi, la riconversione dell’industria fu ostacolata dalla penuria di materie prime, la smobilitazione dell’esercito getta sul mercato della manodopera che l’industria non può assorbire. Sempre più grave era la situazione in Irlanda, alla quale, l’autonomia parziale concessa nel 1916 non bastava più.

La situazione era completamente diversa negli Stati Uniti che escono dalla guerra in condizioni di grande prosperità economica e finanziaria. Grazie al ruolo di fornitori svolto nei tre anni durante i quali rimasero neutrali, hanno goduto di un considerevole attivo nella bilancia commerciale. Hanno accresciuto i propri mezzi di produzione industriale e in più disponevano delle riserve di materie prime, di prodotti alimentari, di carbone e petrolio indispensabili alla ricostruzione economica dell’Europa.

Nel difficile clima europeo del dopo guerra possiamo però trovare anche alcuni aspetti positivi per esempio:

la chiamata alle armi di tutti gli uomini abili ha costretto ad impiegare personale femminile anche in funzioni tradizionalmente riservate agli uomini, sicché le donne acquisirono una più chiara consapevolezza del proprio valore e iniziarono a compiere un passo avanti sulla via della emancipazione (in Inghilterra conquistano il diritto di voto nel gennaio 1916, in Italia bisognerà aspettare il referendum del 2 giugno 1946).

Anche le donne contribuirono allo sforzo bellico

 

La guerra ha stimolato il progresso tecnico nella produzione di mezzi distruttivi, ma ha altresì contribuito al perfezionamento di strumenti utili: così, per esempio, l’aeronautica, impiegata in misura crescente nelle operazioni militari, potrà assumere notevole importanza anche nelle attività civili.

Di grande importanza fu la costituzione della Società delle Nazioni che aveva fra i suoi scopi fondamentali quello di dirimere le controversie internazionali in modo pacifico, anche se perderà presto molta efficacia per la mancata adesione proprio del paese promotore: gli USA.

Entrando più nel dettaglio delle conseguenze della Grande Guerra, si può affermare che l’Europa, dei vincitori non meno che dei vinti, cede il suo primato mondiale di potenza economica, militare e culturale a favore degli Stati Uniti, mentre anche la Russia e il Giappone si avviano ad imporsi come potenze di primo piano, mentre in Cina e in India il processo di maturazione di una coscienza nazionale avanza e si intensifica.

Per sostenere il “fronte interno” i governi, durante la guerra, ricorsero alla più sfrenata propaganda, attribuendo ai nemici le peggiori nefandezze: e la dimostrata sinistra onnipotenza dei mass- media sarà d’ora in poi largamente utilizzata per il “lavaggio dei cervelli”, sicchè, secondo un triste assunto ancor oggi largamente condiviso, una menzogna ripetuta un numero sufficiente di volte si trasforma in verità.

Per tenere alto il morale delle truppe si è spesso promesso ai soldati che, finita la guerra, si procederà ad un’energica azione di riforma in favore delle classi popolari (in Italia, per esempio, dopo Caporetto, si è parlato di partecipazione degli operai agli utili delle società per azioni e di distribuzione di terre ai contadini). E queste promesse, difficili da mantenere nella situazione postbellica e comunque fatte per pura demagogia, avevano creato aspettative atte ad inasprire i conflitti sociali.

In tutti i paesi gli intereventi delle autorità statali nella vita civile, politica ed economica si sono fatti più pressanti. Durante la guerra la stampa è stata assoggettata a censura preventiva, e spesso la lotta contro il disfattismo è diventata pretesto per soffocare ogni libertà di critica. Persino in Inghilterra l’aumento dello sforzo bellico ha portato “a un deciso risveglio dell’attività governativa, cosicchè verso la fine del 1917 pochi erano i settori della vita pubblica, e perfino privata, non ancora interessati da provvedimenti legislativi. Le ferrovie, l’industria del carbone e i cantieri navali, per esempio, passarono sotto il controllo diretto dello stato, più di 200 fabbriche vennero nazionalizzate e 9/10 delle merci di importazione furono acquistate direttamente dallo stato … Il neologismo “fronte interno” ben suggerisce la portata della partecipazione civile alla guerra … Le necessità della guerra influenzarono quasi ogni atto della vita civile : L’ora legale e la limitazione dell’orario di apertura degli esercizi pubblici sono da catalogare tra i lasciti della guerra. Le tendenze generali più significative agirono nel senso del rafforzamento dell’organismo statale centrale, dell’allargamento di controlli pubblici che sarebbero stati inammissibili prima del 1914” ( Brian Bond, Storia del mondo moderno).

L'introduzione dell'ora legale

 

In complesso, dunque la Prima Guerra Mondiale, anche a prescindere dai trattati di pace, costituì una svolta storica e fu la confutazione pratica del liberismo economico e del liberalismo politico, almeno nelle forme concrete nelle quali si erano realizzati fino al 1914.

Questi furono i trattati di pace che posero fine alla Grande Guerra:

I trattati di pace

1919

28 Giugno   Trattato di Versailles con la Germania

10 Settembre        Trattato di Saint-Germain con l’Austria

27 Novembre       Trattato di Neuilly con la Bulgaria

 

1920

4 Giugno     Trattato di Trianon con l’Ungheria

10 Agosto   Trattato di Sevres con la Turchia (sostituito nel Luglio 1923 dal trattato di Losanna)

Dallo spaventoso travaglio della guerra popoli e governi uscirono con speranze e aspettative profondamente contraddittorie. Da una parte si avvertiva la necessità di imboccare una strada radicalmente nuova che stornasse per sempre i pericoli di guerra; dall’altra, si attribuiva agli sconfitti l’esclusiva responsabilità del conflitto e si pretendeva di punirli, mettendoli in condizioni tali da impedire ogni reale e solida pacificazione. La guerra era stata presentata dagli Alleati come “guerra democratica” contro il militarismo degli Imperi centrali, ma ora, di fronte alla rivoluzione bolscevica e alla suggestione ch’essa esercitava sul proletariato europeo, gli ideali democratici erano guardati con sospetto sia dalle masse popolari che inclinavano a considerarli come semplice maschera degli interessi capitalistici, sia dalla borghesia che temeva delle eccessive possibilità legali garantite dalla democrazia al nemico di classe.

La conferenza di pace di Versailles


Fin dal gennaio 1918 il presidente americano Woodrow Wilson aveva fissato in “quattordici punti” le finalità che gli Stati Uniti intendevano raggiungere con la loro partecipazione alla guerra. Sostanzialmente egli proponeva di abolire la diplomazia segreta, di rendere libera in pace come in guerra la navigazione sui mari, di eliminare le barriere doganali, di ridurre al minimo gli armamenti, di risistemare (ma non di abolire) le colonie tenendo conto anche degli interessi dei popoli assoggettati, di evacuare tutti i territori occupati durante la guerra, di consentire l’autodeterminazione dei popoli, di ridefinire i confini d’Europa secondo le linee di divisione delle varie nazionalità, di costituire infine una Società delle Nazioni, “fondata su convenzioni precise, capaci di fornire garanzie reciproche di indipendenza politica ai piccoli come ai grandi stati”.

L’impostazione di Wilson, certamente legata agli interessi di un grande paese capitalistico che non aveva nulla da temere dalla liberalizzazione degli scambi, era comunque adeguata alle necessità di pacifica ricostruzione, tanto che suscitò vastissimi consensi; ma, contrastata in Europa dal miope “realismo” dei governi e più tardi rinnegata dalle correnti isolazionistiche statunitensi, ebbe il decisivo torto di rimanere soltanto sulla carta, come semplice dichiarazione di buone intenzioni.

Alla conferenza di pace apertasi a Parigi nel gennaio del 1919 furono ammessi i rappresentanti di 27 paesi, ma in realtà , poiché le riunioni plenarie contarono assai poco, le decisioni fondamentali furono prese dai “quattro grandi”,ossia da Wilson, Lloyd George, Clemenceau e Orlando (che peraltro si trovava in posizione subalterna). Per l’assenza della Russia bolscevica e dei rappresentanti dei paesi sconfitti, i lavori si conclusero in pochi mesi con l’elaborazione del trattato di Versailles, imposto alla Germania e comprendente anche lo statuto della Società delle Nazioni, del trattato di Saint-Germain, stipulato con l’Austria, del trattato di Neuilly con la Bulgaria, del trattato del Trianon con l’Ungheria, del trattato di Sevres con la Turchia.

Il trattato di Versailles, dai tedeschi giustamente ribattezzato Diktat, imponeva alla Germania:

  • Di restituire l’Alsazia e la Lorena alla Francia e di concederle per 15 anni lo sfruttamento del bacino minerario della Saar (che allo scadere del periodo avrebbe deciso con un plebiscito la propria sorte);
  • Di evacuare il Belgio;
  • Di cedere alla costituenda repubblica polacca le terre abitate da popolazioni polacche o da popolazioni miste tedesco-polacche, come la Pomerania;
  • Di rinunciare a tutto il suo impero coloniale, del quale si impadronirono, in Asia e nel Pacifico, principalmente il Giappone, in Africa principalmente l’Inghilterra e , in misura minore, la Francia, il Belgio e il Portogallo.

Alla Germania venne altresì imposta la riduzione delle forze armate a soli 100.000 uomini, la cessione della flotta all’Inghilterra (ma le navi tedesche preferirono autoaffondarsi), la smilitarizzazione della Renania, la rinuncia all’artiglieria pesante, all’aeronautica e ai sommergibili: così il disarmo proposto dal Wilson veniva di fatto valere solo per la Germania.

Infine la Germania venne costretta a dichiararsi unica responsabile della guerra e a impegnarsi pertanto al risarcimento di tutti i danni provocati dal conflitto. Questa clausola, moralmente discutibile, era anche praticamente ineseguibile, sia per l’enormità delle riparazioni (definite più tardi da una speciale commissione), sia perché si pretendeva dalla Germania un così smisurato risarcimento, mentre la si privava delle risorse economiche delle colonie, della Saar, nonché dell’alta Slesia e dei Sudeti. In tal modo i vincitori fomentarono in Germania la rinascita del più sfrenato nazionalismo e aprivano le porte all’avvento del nazismo.

La conferenza di Parigi

 

Con i trattati di Saint-Germain e del Trianon si prendeva atto della dissoluzione dell’Impero asburgico, sulle cui rovine nascevano la Repubblica austriaca, cui si faceva divieto di unirsi alla Germania, la Repubblica Cecoslovacca, che includeva più di tre milioni di tedeschi dei Sudeti, il Regno di Ungheria (che non ebbe mai un re), il regno di Jugoslavia, che riuniva ai territori della Serbia, il Montenegro e le regioni slave già appartenenti alla Duplice monarchia.

Dello sfacelo asburgico si avvantaggiava anche l’Italia, che otteneva il Trentino e l’Alto Adige, Trieste e l’Istria. Rimaneva invece in sospeso la questione della Dalmazia, che il Patto di Londra assegnava all’Italia ma che ora era rivendicata dalla Jugoslavia.

Nell’Europa orientale, sulle terre restituite dalla Germania, dall’Impero asburgico e dalla Russia, nasceva la Repubblica polacca, che includeva anche l’Alta Slesia tedesca, ricca di miniere, e otteneva uno sbocco sul Mar Baltico mediante un corridoio facente capo a Danzica, eretta a città libera. Questo passaggio si insinuava però nel corpo della Germania separando dal restante territorio tedesco la Prussia orientale, la qual cosa divenne causa di infiniti attriti tra i due Paesi.

Più a nord, sui territori che la pace di Brest-Litovsk aveva strappati alla Russia e posti sotto il protettorato tedesco, sorgevano le repubbliche di Lituania, Estonia, Lettonia e Finlandia.

Nella penisola balcanica, la Romania si annetteva la Transilvania; la Jugoslavia e la Grecia si spartivano la Macedonia; la Bulgaria veniva privata di ogni sbocco sul Mar Egeo dal trattato di Neuilly; la Turchia conservava, al di qua degli stretti che venivano posti sotto il controllo internazionale, la sola Costantinopoli.

Del resto il trattato di Sevres sanciva lo smembramento dell’Impero ottomano, sulle cui rovine sorgevano i nuovi Stati della Siria, del Libano, della Palestina, della Transgiordania e dell’Irak. Non si trattava però di Stati indipendenti, perché la Società delle Nazioni affidò la Siria e il Libano come mandato alla Francia e gli altri paesi all’Inghilterra. I mandati dovevano avere una durata temporanea fintanto che le popolazioni locali fossero in grado di autogovernarsi. Questo sistema giuridico fu applicato anche alle colonie ex-tedesche.

La stessa integrità territoriale della Turchia veniva compromessa con la cessione alla Grecia della zona di Smirne. Contro queste decisioni insorse più tardi un movimento nazionalista, guidato da Mustafà kemal, che, eliminato il sultanato (novembre 1922), ammodernò le strutture della Turchia e ottenne la revisione del trattato di Sevres, sostituito nel luglio 1923 dal trattato di Losanna. Quest’ultimo restituiva alla Turchia il controllo degli stretti ed eliminava da Smirne la testa di ponte greca, mentre confermava all’Italia il possesso del Dodecaneso.

Durante l’elaborazione dei trattati di pace, venne anche approvato lo statuto della Società delle Nazioni (aprile 1919), che vietava il ricorso alla guerra, imponeva la soluzione delle controversie internazionali mediante arbitrato, prevedeva gravi sanzioni economiche contro gli Stati che avessero turbato la pace.

Le solenni dichiarazioni dello statuto, in realtà già contraddette dallo spirito punitivo del trattato di Versailles, non si tradussero però in concreta volontà politica. Gli Stati Uniti, che pure avevano promosso la costituzione della Società delle Nazioni per iniziativa del loro presidente, si convertirono all’isolazionismo e non vi aderirono. L’Inghilterra e la Francia usarono lo strumento societario soltanto al servizio dei loro interessi, sicchè il prestigio della nuova istituzione fu ben presto sminuito e offuscato, e i rapporti internazionali rimasero affidati alla logica della pura forza.

La prima assemblea della Società delle Nazioni

 

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